Dopo la scarcerazione,
non ha solo ripreso le redini della cosca ma ha anche alterato
le aste giudiziarie per ritornare in possesso dei beni che,
negli anni, gli erano stati confiscati. È quanto contestato al
boss di Gioia Tauro Giuseppe “Pino” Piromalli detto “Facciazza”,
il principale indagato arrestato stamattina dai carabinieri del
Raggruppamento operativo speciale nell’inchiesta “Res Tauro”.
Associazione di tipo mafioso, estorsione, riciclaggio,
autoriciclaggio, detenzione illegale di armi e munizioni,
turbata libertà degli incanti, favoreggiamento personale,
trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo
mafioso, nonché di reati in materia di armi i reati contestati
ai 26 indagati finiti in carcere per un’ordinanza del gip su
richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Borrelli e
dall’aggiunto Stefano Musolino.
L’indagine ha ricostruito gli attuali assetti della cosca
Piromalli la cui direzione strategica-operativa era composta dal
boss Pino Piromalli, di 80 anni, e dai suoi fratelli Gioacchino
e Antonio, rispettivamente di 91 e 86 anni. Tornato libero nel
2021 dopo 22 anni di carcere duro, secondo gli inquirenti, Pino
“Facciazza” aveva una posizione di preminenza nella cosca dove
ha ridefinito i ruoli e compiti degli associati, riaffermando il
suo potere sul territorio attraverso una costante pressione
estorsiva ai danni di imprenditori ed operatori commerciali.
Tra le contestazioni della Dda c’è l’alterazione delle aste
giudiziarie mediante l’inquinamento delle relative procedure di
vendita. L’obiettivo era acquisire beni d’interesse della cosca
stessa e rientrare in possesso di quelli già confiscati. Beni
che poi sarebbero stati intestati fittiziamente a terzi
compiacenti in modo da eludere il rischio di una misura di
prevenzione patrimoniale. Se qualcuno fosse stato intenzionato
ad aggiudicarsi l’asta, inoltre, sarebbe stato costretto a
versare denaro ai Piromalli che reinvestivano gli ingenti
profitti illeciti in attività imprenditoriali riconducibili alla
cosca, attraverso un sistema di riciclaggio e autoriciclaggio
connesso principalmente ai servizi forniti alle aziende agricole
del luogo.
Secondo i pm, c’era una gestione unitaria della cosca
Piromalli che opera come un’unica entità economica, i cui
profitti illeciti vengono condivisi e distribuiti.
Oltre gli arresti, la Dda ha emesso un sequestro preventivo
di urgenza per un valore di 3 milioni di euro eseguito dai Ros.
I sigilli sono stati applicati a 6 immobili, 16 appezzamenti di
terreno, 3 imprese individuali e 2 imprese agricole. Un secondo
sequestro per un ammontare di oltre 4 milioni di euro, infine, è
stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale
di Reggio Calabria e ha riguardato i beni mobili, immobili e i
rapporti bancari di Pino Piromalli e del suo braccio destro
Antonio Zito.
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Fonte www.ansa.it 2025-09-23 09:33:21

