(di Francesca Pierleoni)
Non si era mai visto nella corsa agli
Oscar, un auto sabotaggio a colpi di dichiarazioni controverse,
un attacco velato al team di un altro film in gara (Io sono
ancora qui) e il riemergere di tweet razzisti e islamofobi,
scritti fino a due anni fa, come quello compiuto dalla spagnola
Karla Sofia Gascon prima attrice transgender in gara tra le
interpreti protagoniste per la sua performance nel musical/drama
noir Emilia Perez di Jacques Audiard. Le polemiche tuttavia
hanno reso la corsa alla statuetta più incerta. Guida di misura,
stando alle previsioni e ai premi vinti, Demi Moore nel body
horror satirico The Substance in una shortlist di avversarie
forti come Fernanda Torres con il dramma familiare e politico Io
sono ancora qui; Mickey Madison nella sovversiva rilettura di
Cenerentola di Anora, e Cynthia Erivo nell’adattamento del
musical cult Wicked.
Rispetto al “caso Gascon” stando alle ultime indiscrezioni
l’attrice, pur essendo stata esclusa da Netflix, produttrice del
film, dagli eventi di promozione, vorrebbe comunque partecipare
agli Oscar (pagando di tasca sua volo e albergo). D’altronde il
musical, candidato a 13 Academy Awards accusato negli Usa e in
Messico di essere pieno di stereotipi sui messicani e sulla
comunità trans, è costruito sul cast (già premiato a Cannes),
con al centro Gascon. L’attrice, classe 1972, qui al suo primo
ruolo di rilievo internazionale, si cala nei panni del
narcotrafficante Juan “Manitas” Del Monte, che dopo aver
realizzato il desiderio di cambiare sesso inizia una nuova vita
come Emilia Perez, cercando anche di rimediare agli errori del
passato.
La fresca vittoria del Sag, assegnato degli attori, rende
ancora più solide le chance di Demi Moore, classe 1962, con The
Substance della francese Coralie Fargeat. Star simbolo del
cinema pop degli anni ’90 e 2000, (da Ghost a Striptease)
l’attrice sta vivendo la sua rivincita. Dopo essere stata a
lungo etichettata, da alcuni produttori, come lei stessa ha
raccontato, una “popcorn actress”, cioè adatta solo a film di
intrattenimento si è messa in gioco in un film che attacca
proprio gli standard impossibili di bellezza ed eterna
giovinezza imposti alle donne nello showbiz, e non solo. Per la
sua intensa performance nei panni di una ex diva che per
ritrovare il successo si somministra un siero illegale capace di
creare una versione “ringiovanita” di se’, ha già conquistato,
fra gli altri, anche un Golden Globe e un Critics Choice Award.
Tanti i consensi anche per la grande interprete brasiliana
Fernanda Torres per Io sono ancora qui di Walter Salles, tratto
dal libro di memorie di Marcelo Rubens Paiva, dedicato al padre,
ex deputato del centrosinistra Rubens Paiva, desaparecido nel
1971 durante la dittatura militare brasiliana. L’attrice, classe
1965, dà volto alla moglie di Rubens, Eunice Facciolla, che dopo
la scomparsa del marito, continuando a proteggere i cinque
figli, ha portato avanti una lunga e coraggiosa battaglia per
avere giustizia e verità. Il film, che ha debuttato alla Mostra
di Venezia unisce cinema e vita in molti aspetti: Salles, era
vicino di casa della famiglia Paiva e il personaggio di Torres è
interpretato nelle scene ambientate nel 2014, dalla vera madre
dell’attrice, Fernanda Montenegro, l’unica altra interprete
brasiliana mai candidata all’Oscar fra le protagoniste, nel 1999
con Central do Brasil, sempre diretto da Salles.
Debutta in cinquina anche Mickey Madison, classe 1999, temibile
contendente, avendo già vinto fra gli altri, il Bafta e
l’independent Spirit Award. Lei è la forza motrice di Anora di
Sean Baker, Palma d’oro a Cannes, nei panni della russo
americana Ani, giovane stripper, a volte escort, di Brighton
Beach. La ragazza si imbarca con Vanya, figlio viziato di un
ricco oligarca russo, in un matrimonio d’impulso, che causa una
serie di tragicomiche conseguenze. “Ho passato molto tempo a
pensare a questo personaggio, a quali fossero i suoi principi
morali – ha spiegato a British Vogue l’attrice che per il ruolo
ha preso lezioni di russo ha imparato la pole dance e ha letto
molto sulla vita delle sex workers -. È una persona molto
sensibile, ma lo nasconde costantemente con un misto di dolore e
rabbia”.
La cantante e attrice Cynthia Erivo, già vincitrice di un
Grammy, un Tony Award e un Emmy, se ottenesse l’Oscar per
Wicked di Jon M. Chu, adattamento del primo atto del musical
firmato da Stephen Schwartz e Winnie Holzman, entrerebbe nel
prestigioso club dei conquistatori dell’Egot (cioè dei 4
riconoscimenti principali dello showbiz Usa). Erivo, classe
1987, britannica di origini nigeriane, già in cinquina nel 2020
con Harriet di Kasi Lemmons, è abituata alle sfide più difficili
e a zittire con il suo talento le polemiche, affrontate anche
in questi giorni, dopo l’annuncio di un’edizione teatrale di
Jesus Christ Superstar con lei nei panni di Gesù. Allo stesso
modo era stata bersagliata online dall’assurda accusa di essere
stata ingaggiata in Wicked, solo perché nera per il ruolo della
giovane strega verde Elphaba, tanto potente quanto discriminata
per il colore della pelle. Critiche che si sono in gran parte
dissolte di fronte all’enorme successo di critica e pubblico del
film.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA