“Ho preso la decisione di dimettermi da Presidente della Repubblica, spero che tutti lo consideriate un gesto onesto, di servizio alla Repubblica”. Sono le 18.38 del 25 aprile del 1992 e Francesco Cossiga, rivolgendosi a “cittadine e cittadini di questo meraviglioso Paese”, con un discorso televisivo a rete unificate che durerà complessivamente 45 minuti, annuncia la scelta di lasciare il Quirinale, in anticipo rispetto alla scadenza naturale fissata per il successivo 3 luglio.
È il momento culminante di due anni che hanno visto il Capo dello Stato uscire dal riserbo che aveva caratterizzato i primi cinque del mandato e rendersi protagonista di una serie di esternazioni, per spingere la classe politica ad attuare riforme radicali non più rinviabili, dopo i cambiamenti epocali verificatisi alla fine degli anni Ottanta, a partire dalla caduta del Muro di Berlino.
“Talvolta ho gridato -ricorda Cossiga nel suo messaggio agli italiani- ma se ho gridato è perchè soltanto temevo di non farmi sentire”. Non a caso ben presto si parlerà di picconate e di picconatore per descrivere gli interventi del Presidente della Repubblica, proprio per i toni forti, nella forma e nella sostanza, che in certi casi diventano accorati, tanta è la volontà di far capire che nuovi assetti politico-istituzionali debbono sostituire quelli che per oltre 40 anni si sono fondati sugli equilibri prodottisi dopo la fine della seconda guerra mondiale.
‘da elezioni aprile 1992 conferma forte domanda cambiamento’
“Superata una serie di ostacoli, interni ed internazionali, che avevano fortemente caratterizzato e condizionato, nei decenni trascorsi, il funzionamento del sistema italiano, si è giunti ad una fase della nostra vicenda -aveva scritto ad esempio Cossiga nel messaggio sulle riforme istituzionali inviato alle Camere il 26 giugno del 1991- che al Capo dello Stato appare particolarmente propizia per coagulare intorno alla questione delle riforme un vasto…
Fonte www.adnkronos.com 2022-04-23 13:58:08