Il “complesso De Mojà” è un monumento razionalista tra i più importanti della Calabria. Un’autentica perla nella città ricostruita dopo il terremoto del 1908. La sua specificità è stata segnalata, più volte, da una sistematica e pluriennale ricerca del laboratorio Gevaul (Geomatic Valuation Universitary Laboratory) dell’Università Mediterranea coordinato dal prof. Domenico Enrico Massimo che ha preparato, in collaborazione con il Tar di Reggio Calabria, un piano di manutenzione ecologica-energetica del complesso e ha dettagliato graduali e modulari interventi in sinergia con la Soprintendenza.
Tra questi, la ricreazione dell’originario spazio della palestra (una innovazione per l’epoca di costruzione) destinato oggi a sala udienza – la prima “ecologica-green” e la più grande d’Italia – e l’idea di restauro dei mosaici interni all’Arengario. Si tratta degli edifici di proprietà del Demanio che ospitano oltre alla sede del Tar, sezione staccata di Reggio Calabria, l’Ufficio comunicazione istituzionale dell’Università Mediterranea e una piccola sala per eventi e iniziative culturali.
Quattro distinti corpi di fabbrica interconnessi che occupano per intero l’isolato 128, una delle 419 tessere del grande mosaico urbano disegnato dall’ingegnere Pietro De Nava nel 1911 per fare risorgere la città. Con il professore abbiamo ripercorso la storia del complesso monumentale per comprenderne l’unicità e il valore civile che esso racchiude e focalizzare al contempo l’attenzione sull’elemento identitario più pregnante ma al tempo stesso trascurato: l’arengario monumentale che affaccia su piazza del Popolo. Ma partiamo da lontano, da quel 1935 in cui si pone mano alla costruzione della Caserma dei Giovani Fascisti su progetto di una delle firme più promettenti dell’epoca, quella dell’ingegnere reggino Flaminio De Mojà. Il brillante professionista concepisce una…
Fonte reggio.gazzettadelsud.it 2022-02-24 02:30:54