‘Ndrangheta, estorsione e corruzione: 12 arresti a Reggio Calabria
“Pedigree” e’ il nome che
gli investigatori della Polizia hanno dato all’operazione nel
corso della quale, dalle prime ore di questa mattina, sono stati
eseguiti arresti e perquisizioni nei confronti di capi e gregari
delle cosche reggine Serraino e Libri.
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile, sotto le direttive
dei magistrati della Dda di Reggio Calabria, hanno portato alla
luce le dinamiche criminali delle due cosche della ‘ndrangheta
operanti, attraverso le loro articolazioni territoriali, nel
quartiere di San Sperato e nella frazione Gallina di Regggio
Calabria nonche’ nel comune di Cardeto e a Gambarie d’Aspromonte,
principalmente nel settore delle estorsioni in danno di
imprenditori e commercianti anche attraverso l’imposizione di
beni e servizi, nonche’ nell’impiego dei proventi delle attivita’
delittuose in bar e ortofrutta, intestandoli a sodali o a
compiacenti prestanomi allo scopo di eludere il sequestro con
l’applicazione delle disposizioni di legge in materia di misure
di prevenzione patrimoniali. L’inchiesta della Dda di
Reggio Calabria ha consentito di accertare come il vertice della
cosca Serraino sia attualmente rappresentato da Maurizio
Cortese, genero di Paolo Pitasi, gia’ uomo di fiducia di
Francesco Serraino, il “boss della montagna”, assassinato
durante la seconda guerra di ‘ndrangheta.
Nel corso degli anni, Cortese – catturato da latitante nel
2017 dalla Squadra Mobile e dai Carabinieri – ha acquisito una
sempre maggiore importanza nell’ambito dei gruppi mafiosi,
riuscendo a scalare le gerarchie della cosca Serraino.
Cortese, in particolare, e’ riuscito a gestire dal carcere gli
affari illeciti della cosca attraverso i colloqui con la moglie,
Stefania Pitasi, le comunicazioni epistolari con altri
affiliati, nonche’ con l’utilizzo di apparecchi telefonici
cellulari introdotti abusivamente all’interno del carcere.
Pur essendo detenuto, quindi, Cortese ha continuato a
svolgere le sue funzioni di capo cosca, impartendo direttive dal
carcere per eseguire estorsioni, ordinare danneggiamenti di
esercizi commerciali, imporre la fornitura di beni e per
pianificare intestazioni fittizie di attivita’ commerciali.
Dall’indagine sono emersi diversi elementi che dimostrano
come il capocosca avesse a disposizione in carcere un telefono
cellulare – rinvenuto il 9 aprile 2019 dalla Polizia
Penitenziaria – con il quale riusciva a comunicare
riservatamente con l’esterno e ad impartire disposizioni alla
moglie la quale si prestava a fare da postina e ad altri sodali,
“con l’uso di un linguaggio criptico – riferiscono gli
investigatori – ma attinente alle dinamiche e alle attivita’
delittuose della cosca di cui continuava a tenere le redini
nonostante lo stato di detenzione”.
a Reggio Calabria”. “Nell’ambito di questa
indagine, che viene avviata dopo l’arresto di Maurizio Cortese
nel 2017, e’ confluita parte di un’inchiesta precedente relativa
sempre allo stesso contesto criminale in cui erano state
registrate alcune conversazioni dalle quali emerge il ruolo
dell’arrestato Domenico Morabito come ‘uomo di rispetto’.
Abbiamo registrato, in particolare, l’interesse di Morabito come
‘collettore di voti’ dell’ex consigliere regionale Alessandro
Nicolo”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Reggio
Calabria, Giovanni Bombardieri, durante la conferenza stampa per
illustrare i dettagli dell’operazione “Pedegree” contro le
cosche di ‘ndrangheta Serraino e Libri.
In merito ai rapporti con la politica e con l’ex consigliere
regionale Nicolo’, gia’ arrestato nell’ambito dell’inchiesta
“Libro Nero” e tuttora detenuto, “si fa riferimento – ha
spiegato il procuratore Bombardieri – alla necessita’ di un
incontro tra lo stesso Nicolo’ e Domenico Sconti, personaggio
all’epoca gia’ condannato e il cui rilievo criminale era ben
noto. Non abbiamo contezza che l’incontro sia effettivamente
avvenuto, ma solo della fase preparatoria”.
Con l’inchiesta “Pedegree”, secondo il questore Maurizio
Vallone, la Squadra mobile ha colpito “una cosca dedita in modo
particolare alle estorsioni”.
“E’ una registrazione – aggiunge Bombardieri – delle dinamiche
criminali nell’area cittadina che fa seguito all’operazione
‘Malefix’ di qualche giorno addietro e ricostruisce gli
interessi delle varie cosche nelle diverse aree della citta’. Si
tratta di un’importante attivita’ investigativa che si e’
sviluppata in un periodo recente. Siamo riusciti a monitorare
Maurizio Cortese, che dal carcere di Torino riusciva a dare
indicazioni alla cosca attraverso cellulari illecitamente
introdotti nella casa circondariale del capoluogo piemontese.
Non siamo riusciti a individuare l’agente della polizia
penitenziaria corrotto, ma e’ sicuro che dal carcere Cortese dava
ordini ai suoi affiliati per quanto riguarda le estorsioni. Di
lui ci ha parlato anche il collaboratore di giustizia Pino
Liuzzo per il quale Cortese era non solo intraneo alla cosca
Serraino ma nell’ultimo periodo aveva una sua cellula propria.
Lo stesso boss Nino Labate lo ha definito un ‘numero uno’.
Maurizio Cortese, infatti, intratteneva rapporti con la cosca
Labate e con i De Stefano-Tegano attraverso Gino Molinetti”.
Nell’ambito dell’inchiesta,gli uomini del capo della Mobile
Francesco Ratta’ sono riusciti a fare luce sugli attentati al
“Mary Kate”, il bar sul viale Calabria incendiato l’anno scorso
due volte in un mese. Secondo la ricostruzione della Procura,
pur essendo un esercizio commerciale di proprieta’ di un suo
presunto affiliato, il danneggiamento era stato deciso dal boss
Cortese per favorire un altro bar della zona.
“Quello che ci sconvolge – ha concluso il Procuratore
Bombardieri – e’ l’episodio di un professionista, un dentista,
che ‘avvicinato’ dalla cosca preferisce rivolgersi al boss Paolo
Pitasi, genero di Cortese, piuttosto che allo Stato”.
Durante le perquisizioni, la Squadra mobile ha sequestrato
due pistole illecitamente detenute da un indagato e una grossa
somma di denaro. (ANSA).
‘Ndrangheta: operazione “Pedigree”, gli arrestati =
(AGI) – Reggio Calabria, 9 lug. – Tutti in carcere ad eccezione
di Paolo Pitasi, che per ragioni di salute e’ stato posto agli
arresti domiciliari. Questi i nomi dei 12 soggetti tratti in
arresto stamani dalla Polizia di Stato nell’ambito
dell’operazione Pedigree: Maurizio Cortese, reggino di 40 anni
(gia’ detenuto per altra causa); Domenico Sconti, 63enne
reggino residente in Santo Stefano d’Aspromonte (genero di
Francesco, detto don Ciccio Serraino, “boss della montagna”);
Domenico Morabito, 45enne di Cardeto (RC); Salvatore Paolo De
Lorenzo, reggino di 49 anni; Antonino Filocamo, reggino di 32
anni; Antonino Barbaro, reggino di 34 anni; Sebastiano Massara,
34enne nato a Palmi e residente a Reggio Calabria; Stefania
Maria Pitasi, reggina di 37 anni (moglie di Cortese Maurizio);
Paolo Pitasi, reggino di 68 anni (suocero di Cortese Maurizio e
padre di Stefania Maria Pitasi, destinatario della misura della
custodia degli arresti domiciliari); Carmelo Leonardo, reggino
di 57 anni; Bruno Nucera, reggino di 52 anni; Sebastiano
Morabito, 54enne nato a Cardeto (RC) e residente a Reggio
Calabria.
Le accuse sono di associazione mafiosa e, a vario titolo,
di estorsione, intestazione fittizia di beni, danneggiamento,
porto e detenzione illegale di armi da fuoco, corruzione per
atti contrari ai doveri d’ufficio, illecita concorrenza con
violenza o minaccia, incendio, aggravati dalla circostanza del
metodo e dell’agevolazione mafiosa. (AGI)